17 Dic 2018 - Webmag "ArmandoAdolgiso.it"

Là dove s'inventano i sogni di Armando Adolgiso

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È nelle librerie un gran bel libro edito da Guanda, è intitolato Là dove s’inventano i sogni Donne di Russia.

L’autrice è Margherita Belgiojoso.
Nata a Milano nel 1978, ha studiato storia dell’arte al Courtauld Institute di Londra ed economia politica alla London School of Economics. Ha vissuto per oltre dieci anni in Russia e viaggiato diffusamente nei paesi dell’ex Unione Sovietica, scrivendo per le maggiori testate italiane e lavorando come curatrice di manifestazioni culturali. 
Vive a Roma con il marito e due figli.

Si tratta di 16 ritratti, resi in 3D da una scrittura che sembra in pixel, tanto è precisa quanto vivace, di donne russe vissute in due secoli di storia della Russia.
L’autrice proietta ogni figura nello scenario storico, nell'ambiente sociale in cui quella visse, sicché lo sguardo del lettore scorge non solo i tratti psicologici di quelle donne, ma anche il clima degli anni in cui nacquero sogni, desideri, passioni, delusioni.
Quando ho finito di leggere il libro, mi è sorta la voglia d’inviarlo a Judy Chicago per dirle aggiungi un posto a tavola alla tua famosa installazione dalla mensa triangolare “The Dinner” perché – hai visto mai? – forse hai dimenticato qualcuna fra le donne che hai invitato. E se per caso nessuna delle 16 donne di questo libro ti vanno a genio, invita almeno Margherita Belgiojoso. Vai sul sicuro. Conoscerai un'autrice di qualità.

Dalla presentazione editoriale.
«Questo libro raccoglie in una lunga catena le vite di sedici donne russe formando una staffetta ideale dove il testimone è la storia della Russia negli ultimi due secoli. Si passa dall’abolizione della servitù della gleba alle rivolte dei decabristi, dall’assassinio dello zar Alessandro II alla rivoluzione bolscevica, dall’assedio di Leningrado ai gulag e alla perestrojka. Scrittrici, poetesse, ballerine, rivoluzionarie, artiste, figure di potere, dissidenti: donne che si sono incontrate, hanno avuto una casa in comune o hanno lottato per gli stessi ideali. Ecco l’attrice preferita di Stalin e il ministro della Cultura di Chruščëv, Anna Achmatova e Nina Berberova, la musa di Majakovskij e la moglie di Andrej Sacharov. Attraverso il racconto delle loro storie straordinarie, che meritano tutte di essere conosciute, emerge anche il disegno di un mondo complesso di cui sappiamo troppo poco. L’epilogo è dedicato a Anna Politkovskaja, che l’autrice ha incontrato di persona nei suoi undici anni a Mosca da giornalista».

Segue ora un incontro con Margherita Belgiojoso.

A Margherita Belgiojoso (in foto) ho rivolto alcune domande.

Com’è nato questo libro?

Dalla mia passione per la Russia e dal desiderio di far conoscere in Italia queste storie emozionanti, piene di avventure e sentimenti, peripezie, angosce e pazze gioie, accelerazioni, brusche frenate, straordinarie coincidenze e incroci con la Storia.

Nell’accingerti a scrivere qual è la cosa che per prima hai deciso assolutamente da farsi e quale per prima assolutamente da evitare?


La cosa assolutamente da farsi: volevo che il lettore “vedesse” le donne di cui scrivevo. Le vedesse muoversi, camminare – ed è per questo che ho fatto ricorso continuo ai nomi delle strade e alle descrizioni dei negozi che avevano sotto gli occhi. Ecco anche perché ci sono tanti dettagli sulla moda: come si vestivano, come uscivano di casa la mattina? Mi pare che la moda sia un perfetto “termometro della storia”: indica come cambiano i tempi, quando ci sono scatti nell’evoluzione di una società. Non è per frivolezza che ho spiegato come si vestivano. Oppure l’arredamento delle loro case, del loro ufficio, e i quadri e le fotografie che le contornavano: i ritratti che avevano loro fatto, per esempio nel capitolo di Zinaida Gippius immagino cosa lei doveva pensare del meraviglioso ritratto di Leon Bakst che è poi quello sulla copertina del mio libro; o le fotografie, per esempio la figlia di Stalin che girando per la dacha del padre descrive le fotografie di loro due insieme incorniciate sulla scrivania di Stalin. 
Assolutamente da evitare: il “tono garzantina”. Le informazioni su come sarebbe andata la Storia. Scrivendo, mi dicevo sempre che la “telecamera” doveva essere sulla spalla della mia eroina, e lei naturalmente non poteva sapere come sarebbero andate a finire le cose. E ho voluto evitare il mio giudizio su di loro. Io non le giudico, sono loro che si giudicano tra di loro, ridimensionandosi a vicenda, spettegolando o parlandosi male alle spalle. Ho cercato di evitare accuratamente una voce narrante onnisciente che sapesse come va a finire la Storia e le loro storie, e che desse un giudizio delle loro azioni o delle loro personalità. Il libro è senz’altro didattico: insegna tante cose ignote, specialmente al pubblico italiano che di Russia conosce pochissimo, ma ho cercato di farlo senza mai usare il tono didascalico della maestrina…

Quale criterio hai seguito nello scegliere i 16 nomi?

La vita della donna doveva riflettere una pagina della storia russa che mi interessava raccontare. Ma le mie donne dovevano essersi anche in qualche modo incrociate, conosciute, aver lottato per gli stessi ideali o aver avuto una casa in comune. Le mie donne dovevano entrare e uscire dai capitoli, avrei voluto che, alla fine di un capitolo, il lettore provasse la sensazione di non lasciare veramente quel personaggio, sapendo che quella stessa persona sarebbe rientrata più avanti, in un’altra veste, vista da un'altra angolatura. Le donne scelte dovevano, naturalmente, non esser più in vita, in qualche modo esser personaggi storici. Infine dovevano rappresentare vari tipi di professioni o di caratteri: non potevano essere tutte poetesse!

C’è qualcosa – pur nella pluralità di esperienze e di pensiero – che unisce queste donne da te descritte?

Penso che condividano tutte un sogno di libertà. Libertà dal potere, dall’oppressione, dalle condizioni sociali, dal genere, da quel che dice la gente etc. Sono controcorrente e anticonformiste. Mi sembra che abbiano tutte in corpo la “fiamma danzante” di cui scrisse la Cvetaeva in un famoso verso. Hanno in comune il fatto che declinano il loro ardore su due piani differenti. Hanno tutte un sogno proprio, e uno che esula dal loro particolare e che abbraccia una realtà superiore, che sia la letteratura, la città dove vivono, la Russia, il socialismo, i diritti umani. Lottano e si muovono sempre su due piani e hanno sempre bisogno di qualcosa di più grande a cui tendere.

Quale, fra le donne citate, senti a te più vicina o meno lontana?

Le amo tutte, alcune mi stanno più o meno simpatiche, ma non ne sento una in particolare più vicina. Svetlana, la figlia di Stalin, è quella per cui ho più simpatia, Olga Berggolc, la voce di Radio Leningrado, quella che più mi ha colpito, per la sua forza nel tenere in vita la città stretta dall’assedio nazista, e forse la Kollontaj, il commissario per la famiglia del primo governo bolscevico, quella in cui mi sono più rivista. Le sue parole sulla maternità, per quanto terribili nella morale di oggi, come possono non essere in parte condivise? Quando lei dice di sentirsi risucchiata dal figlio, e di voler affidare alla società la responsabilità della sua educazione... parole terribili ma credo segretamente condivise da molte madri!
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Margherita Belgiojoso
Là dove s’inverano i sogni
Pagine 304, Euro 19.00
Guanda